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Autore: Francesca Fabriani

Dott.ssa Francesca Fabriani, Psicologa, Counsellor e Psicoterapeuta in formazione, si occupa di Valutazione, Diagnosi e Trattamento delle principali problematiche psicologiche: Ansia, Depressione, Stress, Dipendenze, Disturbi Alimentari, Sostegno Pre e Post Chidurgia dell'Obesità-Chirurgia Bariatrica.

Uno spunto per aiutare i bambini ad incrementare autostima

Come possiamo aiutare i nostri figli a costruire la fiducia in se stessi? In che modo fiducia e autostima incrementano la qualità della vita? Cosa deve sapere un genitore per promuovere creatività ed autonomia?

Sono convinta del fatto che spesso, come genitori, ci interroghiamo su questi aspetti e che altrettanto spesso possa risultare complicato raggiungere una risposta soddisfacente.

La fiducia che siamo in grado di dare ai bambini è fondamentale affinchè possano sviluppare autostima.

I bambini stanno bene e si sentono meglio ogni volta che comprendono il perchè di alcune indicazioni date dai genitori. Questa è la chiave dello sviluppo di autostima: ogni volta che un bambino ha chiaro il motivo di ciò che gli adulti dicono loro, sapranno muoversi di conseguenza e trovare le soluzioni migliori per raggiungere gli obiettivi attesi. Detto in un altro modo, i bambini che stanno bene, imparano bene!

Dare fiducia ad un bambino significa, dunque, aiutarlo a perseguire una serie di sfide ottimali, che tengano presente l’età, le competenze e i livelli di frustrazione che può tollerare, senza dimenticare di aiutarlo e sostenenrlo nell’impresa se necessario.

Ecco qualche piccolo esercizio che puoi mettere subito in pratica per aiutare tuo figlio ad acquisire fiducia in sè:

  1. Assegna un incarico: chiedigli di aiutarti a prepara le tavola per la cena, lascialo libero di muoversi come crede, dagli semlici indicazioni e lascia che lui che le metta in pratica cos’ come crede, incoraggialo.
  2. Fagli sistemare i giochi: alla fine dei giochi chiedi di mettere in ordine. Usa il momento come un rito di chiusura, rendilo divertente, canta una filastrocca mentre lui rioridina e mette al suo posto i giochi che ha utilizzato.
  3. Fagli prepare lo zaino: organizzare lo zaino per la scuola e inserire in cartella ciò che serve è un primo passo importante per l’autonomia. Anche in questa occasione puoi rendere l’attività piacevole e fare in modo che diventi una abitudine da condividere insieme.
  4. Supera le barriere della comunicazione: è importante ci sia una buona comunicazione tra te e tuo figlio, questo è importante per incrementare fiducia e promuovere i processi di autonomia.

FONTI

Ti sei mai chiesto che tipo di genitore sei? Scopriamolo Insieme…

Ti sei mai chiesto che tipo di genitore sei? Un genitore che riesce a stabile regole chiare e precise, sa essere esigente e rispettoso dei tempi del figlio ed è responsivo, riesce a sostenere la crescita del proprio figlio in modo costruttivo. Queste caratteristiche non sempre sono messe in pratica dai genitori in modo automatico, a volte è necessario comprendere quali errori commettiamo per poter imparare ad essere più efficaci nella relazione genitoriale.

Bravissimi! La parola d’ordine è proprio imparare! Nulla è perso quando parliamo di relazione e la cosa da tener a mente è proprio la possibilità di porre rimedio ai comportamenti che vediamo non funzionare.

Prima di iniziare a presentare brevemente i quattro Stili Genitoriali è necessario ricordare che il modo in cui vestiamo la genitorialità è strettamente legato all’apprendimento, non si tratta di stili innati, dunque, ogni volta che non siamo soddisfatti del modo in cui ci relazioniamo da genitori, possiamo decidere di cambiare e migliorare così da sperimentare una miglior efficacia. Ti ricordo che la parola d’ordine è proprio imparare, un genitore può impare e questo rende tutto più semplice e possibile quindi non disperare!

John Gottman descrive quattro stili emotivi dai quali Il Metodono danese per crescere i bambini felici ed essere genitori sereni stila quattro profili genitoriali.

  • Genitore Autoritario: genitori esigenti e poco responsivi, desiderano essere obbediti e pretendono molto dai loro figli, propongono standard molto elevati di qualità.
  • Genitore Autorevole: Genitori da non confondersi con i precedenti. Sono genitori esigenti e molto responsivi. Sono genitori supportivi.
  • Genitore Permissivo: Genitori responsivi che raramente pretendono molto dai propri figli. Tendono a lasciar correre se il proprio figlio manifesta comportamenti poco maturi.
  • Genitore Disimpegnato: Genitori nè responsivi nè esigenti.

E tu in quale stile ti sei riconosciuto? Spero che da oggi tu possa chiederti che tipo di genitore sei e imparare a diventare il genitore che desideri!

Buona Riflessione

Educare i figli in modo efficace: limiti e regole chiare aiutano a crescere, la Tecnica delle Tre Zone

Quante volte ci siamo chiesti in che modo educare i nostri figli? Quante volte ci siamo chiesti come intervenire sui comportamenti inadeguati? Essere genitori non è semplice, forse può essere considerata una vera e proria sfida della maturità umana. Nonostante questo sono dell’idea che rappresenta la sfida più bella, gratificante e nutriente della vita e che ogni genitore ha tutte le carte in regola per imparare a svolgere la propria funzione nel migliore dei modi. Come possiamo aiutare i nostri figli a crescere? Dandoci il permesso per essere “sufficientemente buoni”; questo significa che per essere bravi genitori dobbiamo accettare di non essere perfetti e di abbandonare tale aspirazione. In una relazione cosi’ importante come quella tra genitori e figli la sola cosa che conta è il modo in cui ci mettiamo nella posizione di riparare ad un errore.

Detto questo, può capitare che i genitori si trovino spiazzati difronte ad alcuni comportamenti “ostili”, ripetitivi e capricciosi e che non sappiano veramente cosa fare. In questi casi il rischio è quello di cadere nella trappola degli errori ripetuti che non aiutano i figli a comprendere e cambiare il comportamento inadeguato e apprendere modi diversi e più adattivi.

Un bambino che fa esattamento ciò che vuole non è un bambino libero e Goleman in “Intelligenza Emotiva per un figlio” ci spiaga esattamente come intervenire introducendo la Tecnica delle Tre Zone di Ginott.

L’ autore della Tecnica delle Tre Zone suggerisce ai genitori di pensare a un sistema di regole basato su tre Zone di comportamento: la zona verde, la zona gialla e la zona rossa.

La Zona Verde comprende tutti i comportamenti autorizzati e desiderati. Rappresenta dunque il modo in cui vogliamo che i nostri figli si comportino e quindi diamo loro una totale libertà di movimento.

La Zona Gialla rappresenta il comportamento non autorizzato ma che viene tollerato solo per due ragioi: nel momento in cui può essere considerato l’errore del principiante: un bambino piccolo difficilemnte rimane seduto tranquillo per un tempo prolungato (tutta la durata di una funzione religiosa) ma sappiamo che con il tempo può migliorare. La seconda ragione rigurada l’errore per i tempi difficili: un bambino piccolo può essere molto irritato ed irritabile se ha il raffreddore e non respira bene, un adolescente sfida l’autorità dei genitori e questo è normale durante la fase evolutiva specifica e può accentuarsi ad esempio nel caso in cui i genitori si stiano separando. Il punto è che potreste non approvare il comportamento ed è giusto farlo presente e farlo capire al figlio in questione ma potete tollerarlo facendo presente che lo fate perchè comprendete la situazione e le circostanze difficili.

La Zona Rossa In questo caso ci troviamo nella zona dei comportamenti che non possono e non devono essere tollerati o giustificati. Qui non ci sono eccezioni. Ci riferiamo a tutti i comportamenti a rischio, attività pericolose, comportamenti illegali, o quelli che voi considerate immorali, non etici e socialmente inaccettabili.

Un caro saluto

Somatizzare un Dispiacere

Cosa significa somatizzare un dispiacere? Ciò che accade è che gli organi del nostro corpo assorbono tutta l’emotività negativa e in questi casi si parla di somatizzazione.

La somatizzazione è un fenomeno attraverso cui una persona trasforma la sofferenza psicologica in sintomi fisici: mal di pancia, mal di testa, difficoltà respiratorie, problemi intestinali, dolori muscolari e via dicendo. In questo modo si traduce un disagio psicologico in una alterzione del benessere fisico.

Può succedere che il mal di testa diventi l’espressione di una forte agitazione o di un accumulo di stress o ancora di un forte nervosismo. Generalmente il processo di somatizzazione colpisce maggiormente il sistema gastrointestinale. Sintomi quali: diarrea, stipsi o dolori addominali, diventano la risposta automatica ad una emozione negativa insostenibile. Oppure ci ritroviamo costretti a sopportare un capo che ci urla contro e quell’emozione spiacevole, ripetuta nel tempo si trasforma di un forte mal di stomaco da cui non riusciamo a liberarci.

Emozioni molto forti come la perdita di una persona cara o di un licenziamento improvviso o ancora di un incidente, se non elaborate adeguatamente dalla nostra mente, fanno male all’organismo. Il nostro corpo diventa il canale attraverso cui ci permettiamo di manifestare il dolore che non abbiamo potuto elaborare. Nello stesso modo emozioni dall’intensità più lieve, se ripetute in modo costante nel tempo, hanno lo stesso impatto.

Troppo spesso le malattie psicosomatiche sono sottovalutate. Dopo aver indagato la possibile causa organica e aver scartato tali ipotesi è necessario intervenire in modo specifico e professionale con lo scopo di comprendere cosa il corpo ci sta comunicando e come mai la nostra mente non riesce a dare spiegazioni a ciò che viviamo.

Questi ultimi anni, il fortissimo stress a cui siamo stati sottoposti a causa della pandemia, hanno incrementato molti disturbi che potrebbero rientrare nella sfera dei disturbi psicosomatici.

Importante è compiere il primo passo, non lasciarsi sviare o spaventare e intervenire tempestivamente affinchè il nostro corpo e la nostra mente possano tornare a collaborare.

Consapevolezza e Automatismi: il cambiamento attraverso la consulenza psicologica

In alcuni momenti della vita, quando le abbiamo provate tutte, può sembrare difficile e a volte impossibile aprirsi al cambiamento. I comportamenti che ci fanno soffrire, quelli che in gergo spesso sono definiti comportamenti sintomatici, sono il modo migliore che hai trovato per gestire la tua vita fino ad ora.

In altre parole, per quanto assurdo possa sembrarti, sono il modo migliore che hai escogitato per risolvere un problema.

In questi termini l’obiettivo primario di un percorso psicologico è quello di aiutare la persona a riconoscere il significato sotteso a ciò che fa, a come reagisce agli eventi stressanti della vita, a come cerca di adattarsi ad un ambiente che, in misura diversa, percepisce ostile. Cambiare punto di vista e acquisire consapevolezza su se stessi, sul proprio mondo interiore, è il primo passo per aumentare la libertà, costruire alternative e decidere in autonomia cosa fare di diverso quando siamo sotto stress.

Sono dell’idea che iniziare un percorso che mira al benessere psicologico non è sempre facile. Se provi a metterti dal mio punto di vista e cerchi di guardare il tuo problema attuale in modo paradossale, come la stategia per risolvere un problema, capisci bene che nessuno è tanto folle da lasciare andare qualcosa che fino ad oggi gli ha garantito di cavarsela anche se è fonte di dolore. Dunque, per aprirsi al cambiamento è necessario iniziare a vedere che si hanno alternative molto valide, che abbandonare i vecchi schemi non è pericoloso ma è la possibilità di incrementare la qualità della vita grazie ad un ventaglio di possibilità che prima non pensavamo di avere. Diversamente detto, per decidere di cambiare ne deve valere veramente la pena.

Il processo su cui ti invito a riflettere ha necessità di tempo per essere costruito e questo è uno dei motivi per i quali spesso da soli diventa veramente difficle e crediamo di non potercela fare.

L’essere umano è programmato biologicamente alla sopravvivenza attraverso la prossimità. Ogni nostra azione, scelta, sentimento e comportamento, fin da quando nasciamo, ha lo scopo di garantire cure e vicinanza per poter sopravvivere e adattarci all’ambiente specifico con il quale siamo in contatto.

Negli anni ho maturato l’idea che ognuno di noi è portatore di una parte di sè che mi piace definire geniale, quella parte che fin dal primo respiro ci consente flessibilità e furbizia, intuitività e accomodamento così da farci prendere decisioni premature e con il tempo inconsapevoli su come è opportuno muoversi, su cosa è meglio fare e cosa è da evitare, su cosa è da intendere come pericolo e via dicendo. Spesso quando soffriamo quella parte di noi ci sta dicendo che i modi in cui siamo abituati ad organizzarci per raggiungere i nostri obiettivi ed appagare i nostri bisogni non funzionano più.

A volte mi piace usare la metafora del computer: possiamo immaginarci come dei pc, ad un certo punto può essere necessario resettare e spesso possiamo aver bisogno di un tecnico che sappia dove mettere le mani.

Concludendo se hai in mente di inizare il viaggio alla scoperta di te stesso e intendi prenderti ciò che per natura ti appartiene: essere felice, ti auguro buon cammino e che sia il viaggio più importante e ricco della tua vita!

Analisi Transazionale Gli Stati dell’IO: Genitore, Adulto e Bambino. Posso Cambiare?

Se stai legge questo articolo probabilmente hai già sentito parlare degli Stati dell’Io introdotti, come concetto sulla personalità, da Eric Berne – Nati per Vincere (testo di approfondimento)

Cerchiamo di ripercorrere brevemente e in modo semplice gli aspetti principali che caratterizzano uno dei concetti di base dell’Analisi Transazione, modello terapeutico che particolarmente mi affascina e che con piacere utilizzo per organizzare i miei interventi durante le sedute.

Gli Stati dell’Io rappresentano, in qualche misura, dei contenitori all’interno dei quali troviamo specifici modi di pensare, sentire ed agire sia con noi stessi (dialogo interno) che con altre persone (esperienza interpersonale).

Rappresentano, dunque, quei modi unici, proprio di ogni individuo, che consentono di avere un repertorio appreso specifico che ci orienta ogni volta abbiamo necessità di leggere l’ambiente che ci circonda.

Potrebbero essere paragonati ad una lente di ingrandimento che ci fa vedere bene dove ci dirigiamo, in che modo è opportuno agire o regire in una determinata situazione, cosa è lecito sentire, se possiamo fidarci della persona con cui abbiamo a che fare e ci danno degli indicatori su come possiamo trattare noi stessi.

Uno degli aspetti importanti è che le modalità relazioni sono apprese. Detto in altri termini ciò che penso, sento e faccio nella situazione X, è ciò che ho imparato funzionare mentre mi barcamenavo nella relazione con le persone che si prendevano cura di me quando ero piccolo.

Da adulto, quindi, tenderò a riproporre ciò che ho imparato e se, nella maggior parte dei casi, questo risulta essere efficace e funzionale, in altri casi può rivelarsi fonte di disagio, dolore, può essere sperimentato come un modo di stare in relazione che non frutta come vorrei.

Magari ti capita di capire perfettamente dove sbagli e ti sforzi di fare cose diverse, di pensarla in modi diversi, di reagire emotivamente in modo diverso ma, puntualmente, sei sconfitto dall’automatismo e pur provando e riprovando non riesci a cambiare le cose.

Ti sei mai chiesto perchè mentre lavori sembra andare tutto bene, mantieni buoni rapporti, non hai grandi problemi e quando stai in una relazione amorosa le cose sembrano non funzionare più? Eppure sei sempre lo stesso, ti comporti sempre nello stesso modo.

Bene, questo è quello che intendo quando parlo di apprendimento. Imparare qualcosa significa poterla riproporre ogni volta ne ho bisogno senza doverci pensare molto. Più riesco ad apprendere più riesco ad usare gli aspetti specifici del mio apprendimento in modo automatico.

Quando imparo a guidare la macchina, inizialmente, ho bisogno di pensare bene a ciò che faccio, alla procedura che mi consente di frenare o cambiare marcia, poi, ad un certo punto, la macchina sembra guidarsi da sola, ho appreso!

Ora ti stai chiedendo: “Si vabbè ma quindi”?

Eccomi! Allora dicevamo, Stati dell’Io! Il GAB

Genitore: pensieri, comportamenti e sentimenti appresi direttamente dai nostri genitori o da chi si occupava di noi. Questo significa che dentro di me, da adulto, utilizzo degli schemi di riferimento che sono propri dei miei genitori. Potresti dire che è come se in alcuni casi ti sembrasse proprio di fare, pensare, o sentire come facevano, pensavano e sentivano loro.

Adulto: è lo Stato dell’Io che maggiormente si muove da posizioni logiche e razionali. Consente di valutare la realtà, di vagliare le possibilità di fare scelte congrue con l’esperienza presente.

Bambino: rappresenta la posizione tipica che assumevamo con maggior frequenza quando eravamo piccoli. Ogni volta interagiamo da questa prospettiva non viviamo più a pieno il presente ma torniamo ad una esperienza antica.

Coclunedendo questa breve panoramica, mi preme farti presente che ogni tipo di apprendimento può essere modificato e in ogni momento della vita, tutti, abbiamo la possibilità di imparare cose diverse e abbandonare quegli schemi che nel presente non ci sono più necessari per vivere una vita appagata e gratificante.

Se vuoi proseguire, ho inserito una serie di immagini con le quali spiego un poco più nel dettaglio ciò che accade mentre viviamo la vita in relazione e propongo qualche esempio esplicativo.

Se poi ti piace l’idea di approfondire e magari reputi necessario iniziare a metter mano su aspetti che ti piacerebbe cambiare puoi contattarmi.

A presto

Autismo: l’intervento con Metodo ABA

Tra i vari interventi le evidenze scientifiche comprovano l’efficacia di tutti quegli interventi che hanno lo scopo di un miglioramento comportamentale con il fine ultimo dell’integrazione sociale e della promozione della qualità della vita soggettiva e familiare…Metodo ABA…potenzialità di migliorare i comportamenti problematici e la vita delle persone con diagnosi di Autismo. Inoltre migliora il quoziente intellettivo, il linguaggio e le abilità necessarie per un’integrazione adeguata nei diversi contesti di vita.

Bisogna dire che le difficoltà ed i problemi vissuti dalle famiglie che hanno al loro interno un membro che presenta diagnosi di Autismo non si discostano notevolmente da alcune delle caratteristiche che accomunano molte disabilità. Vi sono infatti elementi che ricorrono in quasi tutte le disabilità e le storie familiari ad esse associate: smarrimento, paura, dubbi e incognite dovuti dalla situazione spesso poco chiara e a cui ancora oggi i servizi a disposizione danno una scarsa risposta sia in termini di progetti a supporto delle famiglie che a supporto delle persone con disabilità

La frustrazione che ne deriva e l’impotenza spesso percepita dai genitori incrementa uno stato di solitudine pervasivo e in molti casi la difficoltà ad inserirsi all’interno di una rete di condivisione con altre famiglie.

Un supporto efficacie (Parent Training) mira anche a promuovere tutte quelle risorse di cui la famiglia è portatrice in sé, facendo riconoscere ed incrementando ricchezze, capacità di dare significato all’esperienza vissuta così da promuovere un nuovo equilibrio e senso di benessere nei diversi contesti di vita: la comunità di appartenenza, le istituzioni scolastiche, le istituzioni di accoglienza.

Occuparsi di Autismo dunque non è semplice, oggi ancora non è chiaro quali siano le cause scatenanti l’Autismo. È all’interno di questa cornice che risulta fondamentale costruire degli interventi che possano incrementare conoscenza sulla disabilità e sui modi che consentono di affrontare i comportamenti tipici dell’Autismo (Parent Training).

A tal proposito pur se parlare di Autismo rimanda ad una serie di incertezze ancora oggi poco rassicuranti, è possibili stilare alcune linee guida che possono aiutare ad orientarsi e ad avere dei capi saldi da cui partire. In primo luogo da tener a mente è che la persona con Autismo è di fatto una persona e ha dei diritti imprescindibili come quelli dell’integrazione nel proprio contesto di vita (Metodo ABA – Intervento Comportamentale Autismo). Abbiamo poi la necessità di comprendere pienamente che ci sono comportamenti che possono essere appresi per migliorare la qualità della vita sia della famiglia che della persona con Autismo (Metodo ABA – Intervento Comportamentale Autismo) e infine un aspetto fondamentale e indiscutibile riguarda la metodologia attraverso cui sono progettati gli interventi che sostengono l’integrazione della persona con Autismo. In questo caso la metodologia deve essere sostenuta da evidenze scientifiche che ne provino l’efficacia (Metodo ABA – Intervento Comportamentale Autismo).

Entrando nello specifico possiamo definire l’Autismo attraverso quelli che oggi sono i criteri diagnostici riportati dal DSM 5.

Nel 2013 il Manuale Diagnostico e Statistico DSM 5 introduce la definizione di “Disturbi dello Spettro Autistico” indicando la necessità di accompagnare la diagnosi al grado di gravità: lieve, moderato, grave. Le aree sintomatologiche principali riguardano Deficit nella comunicazione sociale e Comportamenti ripetitivi specificando che i sintomi devono essere presenti dall’infanzia ma che possono rendersi visibili successivamente quando la persona ha necessità di metter in campo quelle abilità sociali di cui è carente. Inoltre il Manuale introduce la diagnosi di “Disturbo della comunicazione sociale”.

A questo punto verrebbe da chiedersi: che tipo di vita hanno le persone con Autismo?

Quello che si sa con certezza è che il bambino cresce con il disturbo ma può acquisire nuove competenze con il tempo e con un supporto specialistico strutturato in base alle esigenze soggettive (Metodo ABA – Intervento Comportamentale Autismo).

Tra i vari interventi le evidenze scientifiche comprovano l’efficacia di tutti quegli interventi che hanno lo scopo di un miglioramento comportamentale con il fine ultimo dell’integrazione sociale e della promozione della qualità della vita soggettiva e familiare.

Specificatamente tra gli interventi comportamentali è possibile citare l’Intervento con Metodo ABA.

Si tratta di un approccio che ha la potenzialità di migliorare i comportamenti problematici e la vita delle persone con diagnosi di Autismo. Inoltre migliora il quoziente intellettivo, il linguaggio e le abilità necessarie per un’integrazione adeguata nei diversi contesti di vita. Ogni risultato positivo è direttamente proporzionale alla gravità del disturbo in questione.

In conclusione è fondamentale che le famiglie non rinuncino al diritto di essere seguite e supportate adeguatamente da uno specialista e che con determinazione e coraggio si affacino al contesto sociale supportivo evitando l’isolamento forzato. I primi passi possono essere quelli di reperire informazioni sul web, cercare associazioni, parlare con gli insegnanti a scuola e contattare lo psicologo che possa fare al caso nostro. Nessuno è solo in assoluto e tutti possiamo scegliere di chiedere aiuto!

In bocca al lupo!

Le 5 Domande da farsi per trovare lo Psicologo giusto

Spesso i pensieri connotati da paure e pregiudizio sono miti sulla Salute, su ciò che è lecito considerare Salute. L’Organizzazione Mondiale della Sanità definisce la Salute come lo “stato di completo benessere sia fisico, psichico che sociale e non la semplice assenza di malattia”. In questi termini la Salute Psicologica è un diritto ed è alla base dei diritti fondamentali dell’uomo, quindi perchè rinunciare?

Se inizi a pensare che è arrivato il momento di rivolgersi allo psicologo, questa breve guida potrà chiarti alcuni degli aspetti da considerare per scegliere il professionista migliore e non incappare in alcuni sbagli troppo spesso ostentati da chi ha un bisogno ma non sa da dove iniziare.

Se tu o una persona a cui vuoi bene sta avendo delle difficoltà, se vi trovate a dover fronteggiare  lotte, sfide ed ostacoli, se vi trovate ad avere a che fare con disagi particolari, quelli che subdolamente si insinuano nella gestione della vita quotidiana tanto da renderla più che una semplice sfida allora, probabilmente, è rrivato il momento di rivolgersi allo psicologo.

La prima bella notizia è che inidipendentemente dalla sofferenza che stai vivendo puoi decidere di non fare tutto da solo. Esistono degli specialisti, gli psicologi e gli psicoterapeuti, attenti, esperti e capacici di supportare, con i quali è possibile iniziare un percorso persoanle che punti alla crescita ed al cambiamento desiderato.

La seconda notizia, meno bella, è che ancora oggi molta gente anche se sta male e le ha veramente provate tutte per star meglio non fa il passo decisivonon chiede aiuto e lascia scivolar via l’occasione per risolvere gran parte dei problemi e del dolore che si porta dentro da veramente troppo tempo.

Spesso la decisione di procrastinare si basa sul pregiudizio: ci si sente imbarazzati ed esitanti, pensiamo di poter ricominciare a provarle tutte ancora una volta da soli e anche se non ha mai funzionato, magicamente, siamo convinti che questa volta potrebbe cambiare qualcosa. Purtroppo non funziona così.

Molto spesso ho ascoltato persone raccontare della paura di essere giudicati ed etichettati da chi amano, della paura di perdere amici ed affetti, della paura di essere considerati pazzi. Ma siamo veramente convinti che una persona cara che ci ama possa essere così nel momento in cui stiamo male e abbiamo bisogno di aiuto? Se doveste andare dall’ortopedico perchè vi si è rotto un dito vi direbbe di starvene buoni perchè le cose passano da sole? Vi direbbe che siete pazzi a farvi curare? Sono convinta di no, le persone che ci amano e a cui siamo legati desiderano vederci in salute e felici. Spesso i pensieri connotati da paure e pregiudizio sono miti sulla Salute, su ciò che è lecito considerare Salute. L’Organizzazione Mondiale della Sanità definisce la Salute come lo “stato di completo benessere sia fisico, psichico che sociale e non la semplice assenza di malattia“. In questi termini la Salute Psicologica è un diritto ed è alla base dei diritti fondamentali dell’uomo, quindi perchè rinunciare?

Detto questo entriamo nel vivo della nostra guida e iniziamo, un passo dietro l’altro, ad affrontare le domande da porci per una ricerca efficace.

1.HO BISOGNO VERAMENTE DELLO PSICOLOGO?

Alcuni dei problemi che affrontiamo durante la vita sono difficoltà che possiamo risolvere soli o con il supporto di un amico, di una persona con cui spesso ci confidiamo o con cui condividiamo scelte, cambiamenti e momenti di dispiace. Se non dovesse bastare il consiglio è: Raccogli più Informazioni possibili! Ci sono libri che aiutano ad affrontare e a comprendere meglio alcune delle sfide che la vita ci pone. Ad esempio se hai difficoltà a prendere decisioni puoi leggere “La Paura delle decisioni” di Nardone, se ti senti triste o infelice puoi leggere “Domani ci sarà tempo” di Leonelli.  Uno dei testi che maggiormente consiglio per orientarsi ed avere le idee più chiare sul funzionamento della vita è “Nati per Vincere” di Muriel James. E’ un testo divulgativo che consente di approfondire i concetti principali dell Analisi Transazionale. Il testo da la possibilità di acquisire consapevolezza su alcuni dei processi psicologici tipici del funzionamento umano e chiarisce gran parte dei motivi che incrementano disagio e sofferenza.

Se dopo esserti informato e aver messo in campo tutte le strategie possibili per trovare una soluzione efficace ai problemi che stai affrontando e sei ancora al punto di partenza puoi proseguire la ricerca dello psicologo.

2. ADESSO CHE SO DI AVER BISOGNO DELLO PSICOLOGO COME LO CERCO?

Il Consiglio Nazionale degli Ordini degli Psicologi ha una sessione dedicata alla ricerca dello psicologo iscritto all’Albo in base alla regione e alla provincia di appartenenza.  Durante la ricerca è importante assicurarsi che lo psicologo scelto sia iscrittto regolarmente ad uno degli Albi Nazionali, questa è in se già garanzia e tutela. Scelto il nome in base alle nostre esigenze possiamo approfondire cercando il numero di telefono o un contatto su internet. Possiamo chiamare per fare domande o possiamo scrivere una mail e chiedere le informazioni che ci servono per valutare la scelta, o ancora possiamo cercare su facebook, oggi molti professionisti usano i social per farsi conoscere. La cosa importante è non scegliere a caso ma chiedere e cercare informazioni.

3. QUANTO DURA IL PERCORSO? QUANTO MI COSTA?

In realtà queste sono due domande, le metto insieme perchè difficilmente sono formulate separatamente. La durata del percorso potrebbe determinare la spesa da affrontare e nello stesso tempo la tariffa chiesta dallo psicologo potrebbe orientare la disponibilità di tempo per un trattamento.

Partiamo dal presupposto che lo psicologo è tenuto a dare informazioni sulla durata delle consulenze psicologiche sia nei termini della seduta, solitamente dura 50 minuti, sia nei termini dell’impegno a lungo termine. Anche se è difficile definire con certezza quanto durerà il percorso di crescita personale che dipende da una serie di fattori come ad esempio l’esigenza della persona che ne fa richiesta, in linea di massima, possiamo ipotizzare dalle 10 alle 15 sedute cadenzate 1 volta la settimana. Tieni presente che in base alla problematica da affronare è possibile iniziare il percorso con lo psicologo e proseguirlo con lo psicoterapeuta se ne dovessi sentire l’esigenza.

Per ciò che concerne il compenso dello psicologo credo fermamente sia necessario sfatare il mito che ritiene lo psicologo un professionista per pochi. Sono dell’idea che la Salute Psicologica è uno dei diritti dell’uomo ed è questo il motivo per cui promuovo con fervore il privato sociale. Detto questo per potersi orientare è possibile consultare il Tariffario Nazionale dell’Ordine degli Psicologici . Un’altra delle cose importanti da tener presente è che oggi è possibile scaricare la prestazione sanitaria con il 730, un ottimo motivo per richiedere la fattura; inoltre molte assicurazioni sanitarie prevedono il rimborso parziale delle sedute. 

4. NE HO TROVATI TANTISSIMI COME SCELGO?

Ogni psicologo che ha ben chiaro cosa significhi operare nella relazione di aiuto ha un modello teorico di riferimento. Se cosi non fosse questo è il primo termine di scarto.

E’ importante sapere che non tutte le università formano psicologi capaci di sostenere colloqui o strutturare trattamenti riabilitativi e di sostegno. Spesso lo psicologo abilitato per poter svolgere le attività proprie della professione deve approfondire ed imparare ad acquisire strumenti altri mediante master post laurea. Personalmente mi sono laureata presso una delle università di Roma che inserisce nei programmi di studio una quota non indifferente di laboratori pratici, importantissimo per trovarsi pronti a lavorare, inoltre mi sono diplomata in Counselling presso l’Università Pontificia Salesiana dove attulamente frequento la scuola di specializzazione in psicoterapia IFREP

Detto questo, nel momento in cui trovi lo psicologo che corrisponde ai tuoi criteri di ricerca ed alle informazioni che hai raccolto strada facendo allora puoi orientarti ulteriormente chiedendo quale approccio utilizza, è un tuo diritto saperlo e poterti informare a riguardo. L’approccio usato dal professionista non è da sottovalutare, ne esistono molti e non tutti vanno bene per chiunque. Naturalmente non è il fattore determinante l’efficacia del trattamento, ce ne sono altri come ad esempio: la capacità empatica, di ascolto, la capacità di costruire una relazione autentica e promuovere alleanza; ma chiedere il tipo di approccio può dirci molto su come lo psicologo orienta i propri interventi. Nel mio lavoro utilizzo un modello integrato con riferimento principale all’Analisi Transazionale.

5. POSSO FIDARMI, CHI HO DAVANTI?

Se sei arrivato fin qui significa che siamo ad un ottimo risultato! Ora raccogli tutta la concentrazione che ti serve e tieni presente alcuni segnali fondamentali per il raggiungimento del tuo obiettivo.

Lo psicologo è un essere umano proprio come te, ha delle caratteristiche di personalità che possono andarci a genio oppure no dunque è fondamentale tenere a mente come ci troviamo durante i primi colloqui con la persona che abbiamo scelto. Invito sempre, le persone che incontro, alla non compiacenza. Le invito a riflettere su come si sono trovate durante il colloquio e di prendersi il tempo necessario per valutare la possibilità di proseguire. Diffido da chi dopo il primo incontro spinge affichè venga preso il secondo appuntamento subito. Certo molte persone si trovano bene, hanno le idee chiare e decidono subito di proseguire ma spesso sono del parere che sia necessario lasciar decantare l’impressione iniziale almeno 24 ore.

Chiediti se ti ispira fiducia, se lo hai percepito competente in merito la tua problematica, se ti sta simpatico, se nel complesso ti ha fatto una buona impressione. Chiediti se lo hai sentito accogliente, chiaro, se ha saputo sintonizzarsi empaticmente, ti sei sentito capito? Questi sono aspetti fondamentali poichè è provato da innumerevoli ricerche scientifiche che la qualità della relazione terapeutica è il fattore principale per un intervento efficace.

Se le risposte che ti dai sono positive allora è il caso di proseguire, può essere l’inizio di un viaggio all’insegna della scoperta di sè e del cambiamento della qualità della propria vita. Finalmente sei giunto alla fine della ricerca e puoi iniziare l’esperienza che ti condurrà a risolvere i problemi che stai affrontando.

In bocca al lupo!

Psicologo, Psicoterapeuta e Psichiatra… ma chi sono?

Quali sono le differenze  tra PsicologoPsicoterapeuta e Psichiatra?

No, non sto scherzando, non è una battuta ma una distinzione molto importante che spesso viene ignorata o svalutata e che può orientare con più consapevolezza la scelta del professionista a cui rivolgersi.

Facciamo un pò di chiarezza.

LO PSICOLOGO

Professione Sanitaria con conseguimento di una laurea magistrale in Psicologia corredata da tirocinio obbligatorio post lauream ed iscrizione all’Albo degli Psicologi dopo aver superato l’Esame di Stato.

Di fatto in Italia lo Psicologo per poter esercitare la professione ed essere riconosciuto a tutti gli effetti come tale ha necessità di superare e raggiungere una serie di obiettivi che lo vedono impegnato nella costruzione della carriera professionale per circa sette anni.

Tutti coloro i quali sono laureati in Psicologia ma non hanno l’iscrizione all’Albo sono considerati Dottori in Psicologia e non possono esercitare.

Lo Psicologo abilitato è riconosciuto come Professione Sanitaria dal Sistema Sanitario Nazionale ma non è un medico per come comunemente lo intendiamo. Lo Psicologo non può prescrivere farmaci di nessun genere ma può collaborare con altri medici all’interno di una equipe multidisciplinare per come caldamente sostenuto dalla visione multifattoriale alla psicopatologia.

Mi spiego meglio, chi tra noi sostiene la visione complessa della malattia fa riferimento ad un modello medico detto Bio-Psico-Sociale attraverso cui ogni forma di disagio psicologico è data da fattori di natura biologica, psicologica e sociale all’interno di una causalità di tipo circolare. Propri di questo punto di vista sono i concetti di vulnerabilità e predisposizione soggettiva che considerati in relazione a variabili sociali e psicologiche rendono all’ uomo la giusta dose di complessità che merita. Vien da se comprendere l’importanza del lavoro di squadra quando si ha a che fare con le persone.

Personalmente lavoro e collaboro con diverse figure professionali proprio per questo motivo.

Detto questo, concretamente, cosa può fare lo Psicologo?

Possiamo usare Strumenti e Tecniche proprie della professione per fare Diagnosi, Valutazioni, costruire interventi e trattamenti ad hoc.

Ci occupiamo di riabilitazione e sostegno ed oltre i test psicologici specifici, attraverso cui possiamo orientare la fase della valutazione, utilizziamo lo strumento della consulenza psicologica o counselling psicologico che si avvale di tecniche di ascolto attivo, comunicazione efficace e molto altro.

In generale, le competenze di uno Psicologo permettono di valutare il comportamento e lo stato di salute e benessere psicologico della persona, di valutare ed affrontare problematiche di natura personale o relazionale, difficoltà connesse al proprio ambiente di lavoro, allo studio o alle performance, alla relazione di coppia, ad un cambiamento importante. Inoltre possiamo intervenire su problematiche specifiche come: ansiadepressione, difficoltà nella gestione delle emozioni, stati di stress prolungatodipendenze patologiche, disturbi alimentari (si lavora sul contenimento del sintomo e sulla consapevolezza del comportamento-problema, incrementando le abilità) ecc…

Attualmente ho scoperto un ambito di lavoro molto interessante ed appassionante per lo Psicologo, per me sicuramente: Il Sostegno Psicologico Pre e Post Intervento di Chirurgia Bariatrica di cui mi occupo come tirocinante specializzanda presso il Policlinico Agostino Gemelli.

Concludendo lo Psicologo può fare molte cose nell’ambito generale della Salute Psicologica: può operare in relazione a problematiche circoscritte o intervenire in contensti di salute più problematici e complessi ma solo se è iscritto all’Ordine degli Psicologi di una delle regioni italiane e se ha acquisito una formazione che gli consente di gestire e promuovere la Relazione di Aiuto.

LO PSICOTERAPEUTA

Dopo essersi abilitati come Psicologi il professionista può scegliere di proseguire gli studi e specializzarsi in psicoterapia. In questo caso la scelta riguarda la scuola di specializzazione a cui possono accedere gli psicologi laureati ed iscritti all’Albo ed i medici che, dopo essersi laureati in medicina, vogliono specializzarsi in psicoterapia.

A questo punto ai sette anni di prima ne vanno aggiunti altri quattro!

Sono dell’idea che alla fine dei conti abbiamo la formazione di un chirurgo in tutti i sensi, un chirurgo della mente umana, non un neurochirurgo ma un chirurgo di quelli che si trovano a cercare e navigare i sobborghi dell’anima, io dico molto più difficile! Concedetemelo, sono di parte, che i colleghi non me ne vogliano! Confesso la passione che ho per i medici, le persone che mi conoscono potrebbero confermalo; attualmente sono una psicoterapeuta in formazione e nella mia classe ci sono ben due medici, potermi confrontare con loro è arricchente ed incredibilmente affascinante!

Ma torniamo a noi ed alle nostre differenze…

La scuola di specializzazione deve essere riconosciuta dal MIUR; ad esempio io ho scelto l’IFREP, scuola riconosciuta ed integrata, che mi consente di specializzarmi come analista transazionale.

Anche in questo caso lo Psicoterapeuta non può somministrare farmaci ma, a differenza dello Psicologo, può lavorare ed intervenire su problematiche psicologiche molto complesse. Per rendere più chiara la distinzione tra Psicologo e Psicoterapeuta è possibile dire che lo Psicologo si muove all’interno di aree problematiche di cui la persona è consapevole o semiconsapevole ed opera interventi che in gergo sono definiti di decontaminazione con una durata limitata nel tempo. Lo Psicoterapeuta invece si muove all’interno di aree molto complesse del disagio psicologico e di completa incosapevolezza, opera interventi a lungo termine che hanno l’obiettivo-ambizione di deconfondere e ristrutturare.

Lo so parlo lo psicologhese, vorrei suscitare curiosità ed approfondimenti, forse susciterò solo antipatia! Comunque se ti va di approfondire ti suggerisco un testo non propio divulgativo (ne possiamo parlare insieme) ma che consente di comprendere meglio la complessità che si cela dietro ad un intervento che ha come interlocutore l’essere umano: “Analisi Transazionale” di Woollams e Brown

Concludendo, lo Psicologo non può operare ed intervenire su aree di pertinenza dello Psicoterapeuta, il Medico Psicoterapeuta non può in nessun caso utilizzare gli strumenti propri della professione di Psicologo e sia lo Psicologo che lo Psicoterapeuta non possono somministrare farmaci o interferire con le terapie farmacologiche della persona che hanno in cura.

LO PSICHIATRA

Ecco il pezzo da novanta! Qualcuno sta iniziando ad avere una strana reazione cutanea fatta di bolle purulente! Naturalmente scherzo! Forse non del tutto! Vorrei vedere le vostre faccie la direbbero lunga!

E’ opinione diffusa che se dallo Psicologo ci vanno i matti, dallo Psichiatra ci vanno quelli che non hanno scampo! Fortunatamente oggi sempre meno l’opinione comune è orientata su questo versante e sempre più ci sono persone che per motivi diversi decidono di fare un percorso che punta alla salute ed al benessere psicofisico.

Scherzi a parte spesso lo Psichiatra è confuso con lo Psicoterapeuta e viceversa.

Lo Psichiatra è un medico laureato in medicina che si specializza successivamente in psichiatria. La peculiarità è quella di poter curare ed intervenire sui disturbi psichiatrici attraverso la somministrazione di farmaci specificatamente psicofarmaci. Inoltre lo Psichiatra può condurre colloqui. Come prima accennavo sono dell’idea che il lavoro in equipe sia sempre la soluzione migliore per le persone che abbiamo in cura. Spesso è necessario assumere una terapia farmacologica, altre volte meno. Lavorando in squadra i trattamenti sono spesso più completi ed accurati e si evita con più probabilità di fare scelte poco oculate solo perchè ci si è messi in una posizione di solitudine professionale, il confronto in questo lavoro è necessario pur mantenedo le specificità di ogni professione. Spesso infatti Psicologo, Psicoterapeuta e Psichiatra collaborano tra loro.